| Cesarea 
                Marittima, 1961: una équipe archeologica italiana porta alla 
                luce il "tiberium" di Pilato. E' la prova dell'esistenza 
                del governatore che condannò Gesù. Un altro tassello a favore 
                della veridicità dei Vangeli.  
                 
 
                Pilato 
                nel film "Gesù di Nazareth" di Franco Zeffirelli. Sembra 
                esagerato, ma la critica degli ultimi secoli non ha risparmiato 
                neppure il governatore della Giudea ai tempi di Gesù, e molti 
                sedicenti “storici”  hanno concluso che Ponzio Pilato non è mai 
                esistito ma è stato solo un’invenzione, tra le tante, degli 
                evangelisti. Vedremo, nel corso di questo articolo, come il  
                veritiero piccone dell’archeologia abbia smantellato queste 
                ennesime incredulità sulla storicità dei vangeli.  Eppure, al di là 
                di eventuali scoperte archeologiche, questi illustri “studiosi” 
                non sapevano che esistono anche scrittori non cristiani che 
                parlano di Ponzio Pilato? Certamente che ne erano al corrente, 
                ma liquidavano il tutto con la solita battuta risolutiva: “si 
                tratta di aggiunte e interpolazioni di autori cristiani al fine 
                di ottenere dei falsi e dare delle basi storiche alla figura di  
                Ponzio Pilato”.  In effetti, del governatore Ponzio Pilato 
                che avrebbe governato la Giudea dal 26 al 36 d.C., fino a 
                qualche anno fa non esisteva traccia archeologica. Gli unici 
                documenti storici che ne parlavano erano Tacito, Filone 
                Alessandrino, Giuseppe Flavio, che però da alcuni erano tenuti 
                in poca considerazione perché la critica moderna li tacciava di 
                interpolazione circa quello che riguardava la vicenda di Gesù di 
                Nazaret e qualsiasi elemento ad esso collegato, compreso, 
                quindi, l’oscuro Pilato. A dir la verità, la maggior parte degli 
                storici seri dava invece credibilità a ciò che queste fonti 
                extra-evangeliche riferivano circa Ponzio Pilato e se non era 
                saltata fuori qualche antica lapide con un’iscrizione che si 
                riferiva a lui era perché di certo non era stato un buon 
                governatore da ricordare… o magari non si era ancora “scavato” 
                bene! Filone Alessandrino (+42/50 d.C)  
                scrive fra l’altro, riferendosi alle efferatezze di Pilato:  «A 
                questo riguardo si potrebbe parlare della sua corruttibiità, 
                della sua violenza, dei suoi furti, maltrattamenti, offese, 
                delle esecuzioni capitali da lui decise senza processo, nonché 
                della sua ferocia incessante e insopportabile» (LegGai 302).  Tacito, negli Annales, riferendosi 
                ai cristiani accusati da Nerone di aver incendiato Roma,  
                scrive  «Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto 
                l'impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal 
                procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, 
                questa esiziale superstizione di nuovo si diffondeva, non solo 
                per la Giudea, focolare di quel morbo… » Giuseppe Flavio: A quel tempo 
                apparve Gesù, un uomo saggio. Fu autore di molti fatti 
                sorprendenti, maestro che insegnava alla persone che amano la 
                verità, molti tanto giudei come greci lo seguirono. Alcuni dei 
                nostri uomini più importanti lo accusarono davanti a Pilato, 
                e lui lo condannò alla crocifissione. Molti di quelli che lo 
                avevano amato, continuarono a farlo, fino ad oggi il gruppo dei 
                cristiani, che a lui devono il loro nome, non è scomparso.
                 Bene… ma se gli storici antichi potevano 
                essere sospettati (a torto, come vedremo) dagli scettici di 
                interpolazione ad opera di qualche falsario cristiano, ci pensò 
                una scoperta archeologica a mettere a tacere ogni dubbio 
                sull’esistenza storica di Ponzio Pilato.  
                 Parliamo 
                del ritrovamento nel 1961 di una lapide ad opera dell’équipe 
                italiana dell'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere di Milano 
                guidata da Antonio Frova, nel teatro da Cesarea Marittima. Tale 
                lapide, riporta l’unica iscrizione ritrovata che nomina Ponzio 
                Pilato. Questa lastra Pilato l’aveva posta in un 
                tempio o in monumento che egli aveva eretto in onore di Tiberio. 
                Come mai fu ritrovata nel teatro di Cesarea? Evidentemente,  in 
                dei lavori successivi di ricostruzione e ampliamento del teatro 
                ideato da Erode il Grande, alcuni operai presero questa bella 
                lastra che si trovava in qualche luogo di Cesarea e la posero in 
                cima ad una rampa di scalini. Per incastonarla con le altre 
                pietre della scalinata le diedero qualche martellata per 
                diminuire  il suo spessore. Così facendo, però,  ne asportarono 
                una parte e distrussero qualche lettera incisa sulla pietra di 
                quella vecchia lapide.  
                  Si tratta di un blocco di calcare di 82 
                cm, largo 68 e spesso 20 cm. Su metà del lato destro si vedono 
                incise quattro righe di scrittura in latino, e che rimangono ben 
                leggibili tutt’oggi, nonostante sono state calpestate dagli 
                antichi spettatori dell’anfiteatro.    
                Ecco cosa riportano le scritte: 
                Prima riga:      
                S TIBERIÉUM 
                Seconda riga: 
                TIUS PILATUS 
                Terza riga: 
                ECTUS    IUDA     E   Non era difficile completare la seconda e 
                la terza riga, che erano certamente:   
                Seconda riga: 
                [PON]TIUS PILATUS 
                Terza riga: 
                [PRAEF]ECTUS IUDA[EA]E   Scrive Vittorio Messori, commentando questo 
                ritrovamento:  «  “Le incertezze su alcuni particolari 
                dell’interpretazione – ricorda Jean-Pierre Lemonon – non 
                devono farci dimenticare il triplo interesse  di questa 
                iscrizione per la conoscenza di Pilato: essa, infatti, attesta 
                il suo governo, il suo titolo ufficiale nell’amministrazione 
                dell’impero e la sua devozione all’imperatore, almeno 
                nell’aspetto ufficiale”. Lo straordinario reperto è 
                conservato ora nel Museo d’Israele, a Gerusalemme, ma le 
                autorità ebraiche, in segno di riconoscenza agli archeologi 
                italiani, consegnarono loro una copia perfetta e in grandezza 
                naturale che è possibile ammirare (magari meditandoci sopra: 
                cosa che, per quanto importa, chi scrive qui non manca di tanto 
                in tanto di compiere, passando da quelle parti) al Museo 
                archeologico del Comune di Milano, nel centralissimo corso 
                Magenta»  (V. Messori, Patì sotto Ponzio Pilato, SEI, 
                Torino 1992, pag. 94).    
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